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Da Jesolo a Lignano, cosa rischiano gli stabilimenti con la norma sulle concessioni balneari – Federbalneari ITALIA

Da Jesolo a Lignano, cosa rischiano gli stabilimenti con la norma sulle concessioni balneari

Sui 3.346 chilometri di coste in Italia, 202 chilometri interessano Veneto e Friuli Venezia Giulia,  che vantano rispettivamente 144 e 64 chilometri, il 39,6% e il 20,3% di costa sabbiosa occupata dagli stabilimenti balneari per un totale di 370 e 73 concessioni. Ora il ddl Concorrenza potrebbe cambiare tutto

LIGNANO. Da un lato lavorano no stop per far trovare ai turisti, ormai in arrivo, spiagge e stabilimenti in perfetto stato, dall’altro seguono con preoccupazione l’evolversi della trattativa sulle concessioni balneari che sta tenendo incagliato in Senato il disegno di legge Concorrenza che fissa al 31 dicembre 2023 la scadenza delle concessioni. Il termine insomma entro il quale quelle prorogate al 2033 dovranno passare da una procedura di evidenza pubblica per essere assegnate in ossequio alla direttiva Bolkestein sulla concorrenza.

Sui 3.346 chilometri di coste in Italia, 202 chilometri interessano Veneto e Friuli Venezia Giulia,  che vantano rispettivamente 144 e 64 chilometri, il 39,6% e il 20,3% di costa sabbiosa occupata dagli stabilimenti balneari per un totale di 370 e 73 concessioni.

«Il ddl Concorrenza interessa la maggior parte delle concessioni, ma non tutte. A Lignano Sabbiadoro ad esempio – spiega Giorgio Ardito, presidente di  Federbalneari Fvg – sono interessate da questa partita la Lisagest, alcuni bagni a Pineta e Sabbiadoro, l’area della Getur, altre invece, come la nostra Lignano Pineta spa, sono già passate da una procedura di evidenza pubblica nel 2009, in base a una legge regionale che guardava alla Bolkestein ancor prima che la legge italiana la recepisse, proseguiranno dunque alla fine della concessione (ventennale)».

 

Il rinnovo delle concessioni tramite evidenza pubblica pone una serie di questioni che sono poi il nodo della discussione in corso al Senato. Una su tutte: il valore dell’azienda e degli immobili legati all’attività d’impresa che rischiano di andare persi in caso di subentro nella concessione di una nuova impresa. 

Su questo punto Ardito si infiamma. «Bisogna che passi una volta per tutte l’idea che noi non siamo privilegiati che sfruttano le spiagge, bensì aziende che lavorano 12 mesi l’anno, che investono sul demanio marittimo e che danno lavoro».

Mezzi per pulire la spiaggia, trattori, torrette per i bagnini, scialuppe per uscire in mare. E ancora, lettini e ombrelloni. Tutti gli investimenti sulle strutture sul lungomare che ospitano bar, bagni, camerini. E poi quelli sul personale, che va formato oltre che pagato.

Ardito prosegue a elencare tutto quello che c’è dietro un concessionario, per dire che «alla fine, chi arriva, non può pensare di trovare tutto pronto. Gira la chiave e via. E’ giusto che al concessionario uscente venga riconosciuto il valore dell’impresa e quello dei beni mobili».

Il presidente regionale di Federbalneari rivendica il ruolo delle aziende come la sua. «Lo stabilimento balneare è nato nel nostro Paese: a Livorno nel 1820. E’ un patrimonio del made in Italy che va tutelato.

E che invece, sempre a sentire Ardito, è spesso attaccato. Dall’opinione pubblica, come dall’erario dello Stato. In Italia i concessionari pagano l’Iva al 22% mentre in Spagna e Francia rispettivamente al 7 e 5 per cento. «E paghiamo l’Imu, nonostante le spiagge non siano di nostra proprietà. Per capirci: chi affitta un appartamento non paga l’Imu e nemmeno le manutenzioni straordinarie, al nostro contrario che paghiamo l’uno e le altre» rilancia Ardito.

Imprese dunque che creano lavoro e investono sul territorio, assumendosi i rischi di chi fa impresa e la lista dei rischi, di questi tempi, è davvero nutrita: dal Covid alla guerra, che hanno affossato le presenze, al caro materie prime, passando per le bizze del meteo.

«Al Governo chiediamo che riconosca il valore delle nostre imprese, così come l’importante patrimonio di competenze che portiamo sulle spiagge. Non è pensabile infatti che non abbia alcun valore l’esperienza maturata in anni e anni di lavoro rispetto a chi si presenta alle procedure di evidenza pubblica senza prevedere il costo delle rimozione delle alghe o quello delle scialuppe per i bagnini che escono i mare. Perché abbiamo visto anche questo».

Da Jesolo a Lignano, cosa rischiano gli stabilimenti con la norma sulle concessioni balneari